Atalanta, Gasperini: "Ho avuto il Covid-19. Noi più forti della Roma. Non penso a loro, ma all'Inter che sta avanti"

31/05/2020 14:39

GASPORT - Giampiero Gasperini, allenatore dell'Atalanta, non nasconde di avere avuto paura durante questo periodo di emergenza sanitaria, soprattutto perché, come ha ammesso nell'intervista rilasciata alla rosea, il tecnico ha contratto il Coronavirus, come emerso dai test sierologici a cui si è sottoposto 10 giorni fa. Sulla lotta per la , invece, Gesperini ha confessato di guardare più all' che sta avanti che alla Roma che sta dietro, sebbene quella giallorossa sia per lui un'ottima squadra.

Gasperini, ha avuto paura?
«Sì».

Quando?
«Il giorno prima della partita di Valencia stavo male, il pomeriggio della partita peggio. In panchina non avevo una bella faccia. Era il 10 marzo. Le due notti successive a Zingonia ho dormito poco. Non avevo la febbre, ma mi sentivo a pezzi come se l’avessi avuta a 40. Ogni due minuti passava un’ambulanza. Lì vicino c’è un ospedale. Sembrava di essere in guerra. Di notte pensavo: se vado lì dentro, cosa mi succede? Non posso andarmene ora, ho tante cosa da fare... Lo dicevo scherzando, per esorcizzare. Ma lo pensavo davvero».

Poi?
«Poi sabato 14 ho fatto un allenamento duro come non ricordavo da anni. Un’ora sul tapis-roulant, più di 10 chilometri di corsa. Mi sono sentito bene, forte. Il peggio era passato. Il giorno dopo Vittorio, chef stellato tifoso della Dea, ci ha fatto arrivare 25 colombe e Dom Perignon del 2008, anno di grazia. Lo assaggio e dico: “Ma questa è acqua...”. Tullio (Gritti, secondo del Gasp) mi guarda storto: “Scherzi? E’ una delizia”. La colomba mi sembrava pane. Avevo perso il gusto. Così Tullio e Marcello, il nostro fisioterapista, si sono mangiati 25 colombe... Sono rimasto tre settimane a Zingonia. Poi a Torino ho sempre rispettato il distanziamento da moglie e figli. Senza febbre non ho mai fatto il tampone. Dieci giorni fa i test sierologici hanno confermato che ho avuto il Covid-19. Ho gli anticorpi, che non vuol dire che ora sono immune».

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Come stanno i suoi lupi?
«Affamati... A casa hanno lavorato tanto e bene. Avevano voglia di pallone. La tecnica si recupera in fretta. Giocare a calcio è come andare in bici, non lo scordi. Stavano meglio di gambe che di tronco: addominali, dorsali, glutei... Il tronco è importante, anche per evitare infortuni. È il manico della frusta, le gambe non bastano. Abbiamo fatto rafforzamento. A Zingonia abbiamo caricato bene. Siamo pronti, potremmo giocare domani. Ma l’aspetto più positivo è lo spirito: non hanno mai staccato. Anche nel momento più cupo hanno pensato solo a riprendere, ad andare avanti. Come quando pressiamo senza palla».

Anche la società.
«Infatti. Avevamo tutto l’interesse a cristallizzare la classifica e a giocarci solo la . Ma dai ragazzi alla proprietà ho sentito solo voglia di giocare. Sono orgoglioso di questa Atalanta».

Non tutti lo hanno fatto.
«In troppi hanno remato contro il calcio, dimenticando il suo valore economico e sociale. Molti hanno frenato dall’interno, per interessi propri: il peggio. Non volevano giocare per cancellare una stagione negativa. Troppo livore dagli altri sport. Il calcio è bello e piace. Colpa sua? Esiste una legge di domanda e offerta. Ci sono discipline belle da praticare e meno da osservare. Io seguo nuoto, tennis e altri sport solo per eventi importanti, alcuni ogni quattro anni. Il calcio è l’unico che ti dà un coinvolgimento così forte, un orgoglio di appartenenza quotidiano. E’ un altro mondo».

Anche a porte chiuse?
«Neanche a me piace il calcio senza tifosi, ma è l’unico modo per ripartire. Durante la prima giornata di Bundesliga facevo zapping, non riuscivo a seguire. Borussia-Bayern invece è stata una bella partita. Ho visto molti errori tecnici anche da giocatori importanti: in uno stadio vuoto è più difficile restare concentrati. E invece in un contesto di fatica la precisione tecnica sarà fondamentale. Servirà più attenzione».

Pressing feroce tre volte alla settimana: si può?
«Certo. Anzi, sarà ancora più premiante contro avversari stanchi. Saremo quelli di sempre. Non abbiamo cambiato neppure in , quando sarebbe parsa ragionevole un po’ di prudenza, contro avversari più forti, in un mondo sconosciuto che infatti ci ha fatto pagare dazio. Sono orgoglioso dei miei giocatori: nessuno è venuto a suggerirmi di fare un passo indietro. Dopo i 5 gol a Manchester, ho appeso una frase di Mandela a Zingonia: “Noi non perdiamo mai. O vinciamo o impariamo”».

Buona idea le 5 sostituzioni?
«Pessima. Snatura la partita. Diventiamo basket. Nell’ultima partita possono esserci in campo dieci giocatori nuovi. Come permettere di cambiare motore a metà gran premio. Ci rimette lo spettacolo. Nel finale le squadre si allungano, si scoprono. Viene disinnescato il merito delle squadre meglio preparate che vincono alla distanza. Chi è il genio che sostiene che così si evitano infortuni? Su che basi? Ci si infortuna anche nel primo tempo. Meglio cambiare giocatori da un gara all’altra. Meglio ancora se si fosse applicata l’idea di Galliani: partite più diluite e campionato finito dopo l’estate. I tempi c’erano».

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Teme i lupi della Roma?
«E’ un’ottima squadra e mi piace Fonseca. Ma nei due scontri diretti abbiamo dimostrato di essere più forti. Io non guardo la Roma, ma l’ che sta davanti. Se vinciamo il recupero, avremo la stessa distanza tra chi ci precede e chi ci segue. E io guardo avanti».

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