Gavillucci, il fischietto svela i segreti del calcio

22/05/2020 16:47

IL FATTO QUOTIDIANO (L. VENDEMIALE) - L'uomo nero è il nemico. È il mostro della cultura popolare, un film, una canzone. O solo un ex arbitro, Claudio Gavillucci da Latina, fatto fuori dal sistema. I tifosi se lo ricordano, per tutti è il fischietto che ha detto no al razzismo durante Sampdoria- del 13 maggio 2018, per gli odiosi cori sul Vesuvio o sul colera. Quella fu la sua penultima gara fra i professionisti: poche settimane dopo sarebbe stato dismesso dall'Associazione italiana arbitri, la casta dei fischietti, di cui adesso smaschera i segreti.

LA SUA BIOGRAFIA (L'uomo nero - Le verità di un arbitro scomodo, Chiarelettere editore) è come un giallo in cui si arriva alla fine senza scoprire l'assassino. Anzi, l'assassino sì, ma non il movente. La tesi dell'allontanamento per lo stop a quella partita solletica gli istinti di complottisti, napoletani feriti, anti-juventini cronici. Lui stesso vi ammicca, quando ricorda di essere stato il primo a prendere una decisione simile, oppure cita Matteo Salvini, all'epoca ministro dell'Interno. Ma aggiunge anche che al momento di quella gara era già in fondo alla graduatoria. L'uomo nero non parla di razzismo: è una storia ancora più inquietante, di un uomo qualunque, licenziato da un giorno all'altro senza motivo. Il libro attraversa l'angoscia del processo kafkiano subito dall'ex arbitro. Ma è proprio qui che il condannato diventa accusatore, con tanto di prove. Sono le schede di valutazione degli arbitri, che nessuno aveva mai visto. Alla sbarra ci finisce l'Aia e il suo padre padrone, Marcello Nicchi. Il "sistema", insomma. Gavillucci racconta come funziona. Quanto guadagnano, tanti soldi, anche 120-150 mila euro a stagione in Serie A, ma spiccioli nei campionati minori, nemmeno 50 euro a gara fra i dilettanti. E tanto è faticosa la scalata, quanto rovinosa la caduta: chi viene bocciato perde tutto in un giorno.

È quello che è successo a lui, ultimo per 0,016 in una classifica segreta e insindacabile. Dove i migliori, gli internazionali, risultano infallibili, pagano solo i più deboli. Un esempio su tutti: la disastrosa prestazione di Daniele Orsato nella famosa - che consegnò ai bianconeri lo scudetto, fu valutata buona, la sua forma ottima, ampia l'affidabilità. È la stessa gara su cui l'ex procuratore Figc, Giuseppe Pecoraro, ha dichiarato di non aver potuto ascoltare l'audio registrato dal Var in occasione della mancata espulsione di . Tutto si tiene. Gavillucci svela anche che un arbitro viene penalizzato ogni volta che ricorre al Var, anche se lo fa nel modo giusto.

CAMBIERETE idea sugli arbitri: bersaglio dei tifosi, padroni del destino delle squadre, ma ignare pedine nelle mani del loro presidente Nicchi. Un dio intoccabile che può concederti una carezza paterna o punirti severamente, e che dopo 11 anni si ricandiderà per il quarto mandato. La carriera di Gavillucci, che nel 2011 quando non era famoso era stato sfiorato suo malgrado dall'ombra del calcioscommesse (solo perché per mantenersi lavorava per un'agenzia di betting inglese) è finita così. L'Aia, spalleggiata dalla Figc, si è opposta al reintegro. Perché, alla fine non lo dice nemmeno lui. Come spiega nel libro, "gli arbitri non possono parlare"