07/09/2020 13:50
Walter Sabatini, ex ds della Roma attualmente al Bologna, ha rilasciato una lunga intervista in cui ha parlato anche del club giallorosso e del campionato che si prepara a ripartire senza pubblico sugli spalti. Queste alcune delle sue parole:
Che senso ha giocare senza pubblico?
«Zero. È subbuteo. Calcioballilla. Una tristezza infinita. Ho sempre lavorato per la gioia della gente, quando ho provocato dolore o mortificazione sono stato male. Senza il godimento del pubblico, è solo una perversione. Ovviamente, si deve».
Ma è calcio vero? In che percentuale?
«Minima. È un altro sport. I giocatori hanno meno stimoli, i tempi di reazione sono diversi. Manca anche quell’oooh del pubblico che ti avverte quando sta arrivando un avversario a fregarti il pallone».
E senza soldi che mercato è?
«Depresso. Si fanno solo scambi per le plusvalenze. Qualche grande operazione ci sarà, Milik, Dzeko o Suarez, ma la fascia intermedia non esiste. Due colpi straordinari li ho visti: McKennie alla Juventus e Miranchuk all’Atalanta».
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Le avrà fatto piacere però che l’abbia richiamata la Roma.
«Non l’ha fatto, ma mi ha fatto piacere la reazione dei romanisti a quell’ipotesi».
Totti a Repubblica ha detto: aspetto Friedkin per un caffè. Una Roma senza di lui è possibile?
«Dipende da quanta voglia di lavorare ha Totti».
Argomento scivoloso.
«Una palude. Come comparsa Totti non ha senso. O ha un incarico importante e ci si mette con lena oppure meglio che continui a fare quel che fa».
È della stessa linea di Franco Baldini: troppi romani nella Roma.
«No perché le linee di Baldini non sono mai state propriamente euclidee».
È più difficile azzeccare un allenatore o un giocatore?
«Un allenatore. Sono stato fortunato: Garcia lo presi a moscacieca, dal Lille. Mi pigliavano tutti in giro: ha fatto 85 punti e il record di vittorie».
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Il calcio italiano spende il 7% del fatturato per le commissioni ai procuratori: 775 milioni in cinque anni. Colpa di voi direttori sportivi?
«Colpa dei presidenti che pensano di fare calcio direttamente con gli agenti, pur bravi ma sempre venditori, depotenziando i direttori sportivi».
(La Repubblica)