20/04/2021 07:34
A metà pomeriggio interviene Mario Draghi. Quattro righe in tutto, limate per cinque ore. “Il governo segue con attenzione il dibattito intorno al progetto della Superlega calcio e sostiene con determinazione le posizioni delle autorità calcistiche italiane ed europee per preservare le competizioni nazionali, i valori meritocratici e la funzione sociale dello sport“. Sceglie la scia degli altri leader europei. Usa toni più sfumati rispetto a quelli durissimi di Boris Johnson ed Emmanuel Macron, ma sostanzialmente aderisce alla scomunica dei dodici club. Parallelamente e sottotraccia, però, l’esecutivo è pronto a muovere qualche passo per consigliare una mediazione. Al lavoro, discretamente e nei limiti imposti dal libero mercato, per evitare l’esplosione del sistema. Dopo la nota ufficiale, però, l’esecutivo si concentra sul secondo step, una moral suasion che provi a mettere ordine in un quadro potenzialmente compromesso. Moral suasion innanzitutto verso Juventus, Milan ed Inter, che da sole rappresentano metà del bacino del tifo nazionale. L’obiettivo è riportare le parti al tavolo della trattativa, favorendo una mediazione tra i club, la Lega Serie A e la Federazione. In prospettiva, anche con l’Uefa. Oltre, almeno per il momento, l’esecutivo non si spinge. Ci sono le regole del mercato e l’autonomia dello sport. È evidente però che i fatti rischiano di costringere Draghi a mettere presto mano al dossier per provare a cambiare una storia che, altrimenti, promette due finali contrapposti, ma entrambi negativi. Senza un restyling dell’intero sistema, infatti, i principali club del Paese faticheranno a far fronte allo squilibrio finanziario nei conti. Ma con la secessione della Superlega, è il resto della galassia sportiva a temere il default. In entrambi i casi, un grosso problema per chi governa.
(La Repubblica)