14/07/2021 07:31
IL MESSAGGERO / LA REPUBBLICA L'infortunio al tendine d'Achille gli ha negato la finale e gli negherà gran parte della prossima stagione calcistica, ma Leonardo Spinazzola resta tra i protagonisti della cavalcata azzurra a Euro 2020. Il terzino della Roma ha rilasciato due interviste ai due quotidiani nazionali. Questo un estratto delle sue dichiarazioni:
Ha rispettato la promessa fatta ai compagni. Disse che sarebbe tornato per la finale. Dove ha trovato questa sicurezza?
«A Coverciano. So come abbiamo lavorato. In ritiro e anche prima. La nostra nazionale ha giocato meglio delle altre dall’inizio del torneo, confermando le vittorie e soprattutto le prestazioni delle qualificazioni. Successo meritato, dunque. Lo hanno riconosciuto pure gli avversari»
Bernardeschi, sul charter che vi ha riportato da Monaco a Firenze, ha preso il microfono e ha cominciato a intonare il coro «Spina-Spina». Che cosa ha provato?
«Sono state ore in cui la commozione é stata grande. Non mi ricordo se ho pianto. Ho finito le lacrime all’ Allianz Arena».
Il suo Europeo é durato fino al 2 luglio, al minuto 32 della ripresa nel quarto contro il Belgio. Che cosa le viene in mente se ripensa a quell’ennesima corsa sulla fascia dopo aver tra l’altro evitato il pari di Lukaku con il salvataggio di coscia?
«La gravita dell’infortunio. Me ne sono subito reso conto. Ho pianto perché sicuro di dovermi arrendere sul più bello. Più del dolore mi ha fatto male sentirmi fuori dalla competizione. Ho continuato a piangere negli spogliatoi. E quando sono rientrati anche i compagni, hanno pianto con me invece che festeggiare la vittoria».
Poi che cosa è successo?
«Ho detto basta e ho sorriso. Del resto con l’allegria, dal primo giorno del ritiro, siamo arrivati al successo finale. Il nostro segreto per vincere il trofeo. È andata proprio cosi».
Nel messaggio che ha dedicato al gruppo dopo l'infortunio, ha scritto che avrebbe ripetuto quello scatto. Davvero così convinto?
«Si, mi ripeto: lo farei altre centro volte per prendere un metro in più all’avversario. E lo spirito della nostra nazionale: bisogna dare l’anima per i tuoi compagni se si vuole arrivare fino in fondo».
È stato inserito nella top 11 del torneo e ha avuto in 2 delle 4 partite il premio di man of the match. Piccoli premi di consolazione?
«Sono trofei personali che mi sono portato a casa insieme con l'infortunio. Non contano le mie prestazioni, mail risultato. Che non é solo del ct e dei giocatori. Dai magazzinieri aicuochi, il titoloé merito di tutti».
Come é andato il primo incontro con Mourinho?
«Mi ha fatto piacere conoscerlo. È stato carino, mi ha detto che lui e la squadra mi aspettano in campo. Gli ho risposto che dovrà avere pazienza, la stessa che ho io».
Ci racconti quell’istante dell'infortunio
«Sento un colpo forte al tallone, con la coda dell’occhio cerco il belga che mi ha colpito ma non vedo nessuno, dietro di me quell’avversario non c’è. Arriva Cristante, crollo a terra e capisco. “Perché adesso, perché a me?”. Questo ho pensato. E poi ho pianto per quello che stavo perdendo»
L’ha perso, alla fine?
«Sì e no. Quando il presidente della Repubblica ha chiesto “dov’è il ragazzo con le stampelle?” ho capito su quale incredibile giostra emotiva ero salito, mi sa che non scendo più».
Dicono che la rottura del tendine d’Achille sia come una lama che recide tutto.
«Nel mio caso no. Dolore vero, solo la notte dopo l’operazione in Finlandia, per il resto tristezza ma non male. Il crociato è molto, molto peggio. Il crociato ti ferma la vita, il tendine devi solo aspettare che si calcifichi, è come uno strappo. Poi ci lavori sopra, non è un problema meccanico ma di fibre. Tra una settimana tolgo i punti e comincio con un obiettivo al giorno, e se tra 6 mesi non riprendo a giocare vado in campo per forza, da solo, e voglio vedere chi mi acchiappa».
Cosa le ha detto Mancini il giorno della sua partenza?
«Mi ha ha sussurrato all’orecchio “complimenti Spina, sei stato tra i migliori e noi ti aspettiamo”. E io gli ho risposto: “Tranquillo, mister, tanto ci vediamo l’11 luglio”».
Lei è stato il primo a prendere la medaglia.
«Giorgio, il nostro capitano, mi ha detto: “Vai tu, te lo meriti”. E io sono scattato come un pazzo ma avevo paura di cadere, pensate che figura avrei fatto, peggio di Fantozzi. Poi stato meraviglioso. Mi hanno caricato sulle spalle in tanti, Jorginho, De Rossi, Toloi, ma io sono pesante, mica facile».
Lei è arrivato al successo non tanto presto. Perchè?
«Non ero ancora maturo, e ho faticato parecchio a trovare il ruolo giusto in campo. A Empoli con Sarri ho cominciato da esterno d’attacco, però non si vinceva e lui cambiò modulo, così non c’era più spazio per me. Volevo giocare, ma neanche a Lanciano trovavo posto. A Siena mi dicevano “aspetta, porta pazienza e il tuo momento verrà”: giocai molto bene da gennaio a giugno, poi passai all’Atalanta dove Colantuono mi mise fuori dopo poche partite. Andai via anche da lì. Finisce che gioco poco anche a Vicenza, in B, sceso di categoria, e finalmente a Perugia con Bisoli comincio a fare il terzino sinistro. Ma servivano Gasperini e l’Atalanta per aprirmi la mente: ecco, lì giocavo già come all’Europeo, però si notava meno».
Come ha fatto a tirar fuori Spinazzola da Spinazzola?
«Con infinita pazienza. Anche la Juve e la Roma sono servite tanto, naturalmente»
Non crede sia stato un bene giocare l’Europeo un anno dopo?
«Certamente, anche se eravamo già molto bravi nel 2020. Ma questi mesi tremendi ci hanno fatto crescere, ci hanno permesso di diventare adulti, anche se rimaniamo quindicenni in gita scolastica»
Su un pullman scoperto.
«Quel giro per Roma mi ha distrutto fisicamente, perché sono rimasto per due ore sulla gamba sana. Ogni tanto mi mettevo seduto, ma insomma era un bel problema, per fortuna sono stato bravo e non sono caduto, non ho fatto brutte figure»