12/10/2021 09:53
La Serie A è all'avanguardia nella lotta al Covid. Non c'è in questo momento in Europa un torneo che abbia risposto positivamente ai vaccini come quello italiano, dove il 98% dei tesserati si è sottoposto al vaccino. Eppure anche qui resiste una minoranza sparuta: circa venti No Vax, quelli che tra calciatori e membri degli staff hanno declinato l'iniezione. Venti su circa mille persone.
Da venerdì anche in Serie A scatterà il green pass obbligatorio. E la commissione medica della Figc pubblicherà un nuovo protocollo per adeguarsi alle normative nazionali. I No Vax, per giocare con gli altri, dovranno sottoporsi al tampone. Nel calcio l'allarme è tornato dopo il caso Rabiot: il centrocampista della Juve è risultato positivo nel ritiro della Francia, dove i media parlano di un suo rifiuto del vaccino. In Premier League invece il popolo No Vax fa proseliti: i rifiuti sono vicini al 50%.
Alcuni club italiani (Milan, Udinese e Sassuolo) non svelano i dati ufficiali, ce ne sono però almeno altri sette che garantiscono il 100% di vaccinati. Cè anche il caso di una società che ha in gruppo 5 refrattari, altre due ne hanno tre, tutte le altre un caso soltanto. Pure il Genoa ne aveva uno, ma lo ha ceduto nel mercato estivo.
Si tratta prevalentemente di calciatori stranieri, africani o del Nord Europa. «È per motivi religiosi», ha detto uno di loro. Un altro ha dato la colpa alla moglie che si informa su internet. Il merito dei numeri positivi della campagna vaccinale è anche del pressing fatto dall'Associazione italiana calciatori, che in estate ha raggiunto tutti i ritiri per informare i singoli atleti sui vantaggi del vaccino e sui rischi di rifiutarlo «Continuiamo a dare il buon esempio - dice Umberto Calcagno, presidente dell'Aic - dopo i sacrifici e l'impegno già messi in campo dall'inizio della pandemia». Ne hanno beneficiato anche le società: solo per i tamponi, nello scampolo di campionato post pandemia, la Serie A aveva speso 3 milioni di euro.
(La Repubblica)