05/10/2021 13:01
IL ROMANISTA (T. CAGNUCCI) - Che è successo di così speciale domenica pomeriggio? Credo che sia stata la forza e la bellezza di una risposta collettiva a un divieto. Credo che sia la sinfonia di un NO giusto a un NO senza senso. Un grosso SÌ al sentimento. Uno sporcheremo i muri con un altro NO a un no minuscolo, specioso, risibile della Lega Italiana. Credo che quell’inno fatto abortire da regole di un calcio che impedisce il canto ma non fa niente per tamponi, esami di italianistica di Suarez, conti turbogonfiati per vincere scudetti in stadi vuoti, multiproprietà, marchette ai procuratori, tv che non riescono a trasmettere... abbia smosso profondamente il dna romanista, i cui filamenti sono stati ricamati all’opposizione.
La Roma, che è un sentimento preesistente alla sua formalizzazione in un’Associazione Sportiva, nasce nel 1927 per rispondere a uno strapotere, la Roma nasce “contro”, come una mazzafiondata all’establishment (...).
Noi non prevediamo la vittoria a tutti i costi, noi prevediamo la Roma a tutti i costi. Senza prezzo. Il nostro inno è innanzitutto ostentazione di un sentimento non mortificabile da qualsiasi evento. Pensa una regoletta della Lega Italiana. Davanti al bavaglio di un sentimento, i tifosi della Roma si sono alzati e hanno detto “aspetta, boni un po’, adesso vi facciamo sentire”. Tu mi dici di stare zitto? E allora io canto più forte. Disgraito. Ma non è ripicca o ribellismo, è pura cura di una cosa cara, pura manifestazione di un sentimento senza niente di narcisistico: condivisione autentica. Comunità. È: “Questo noi siamo, questo lo cantiamo e nessuno può impedirci di farlo”. Invictus. L’inno di domenica è stato così tanto nostro perché è stato un canto di libertà (...).