18/01/2022 08:33
Vincere per uno a zero su calcio di rigore, come accaduto contro il Cagliari, non fa parte del dna della Roma. È storia, non cronaca. Molto più permeato di “romanismo”, invece, sbagliare un rigore all’ultimo minuto, come accaduto contro la Juventus, e perdere la partita dopo esser stati in vantaggio di due reti. Da un rigore all’altro, dall’errore di Pellegrini al gol dell’esordiente Sergio Oliveira, non c’è soltanto una settimana di vita ma l’essenza del calcio. È strano, il pallone. Indecifrabile, talvolta. Privo di logica, a dirla tutta. Esempio: se non si fosse infortunato durante il riscaldamento, Pellegrini avrebbe tirato quel rigore e, chissà, forse non saremmo qui a parlare di una vittoria della Roma, dei primi punti del nuovo anno, dei sorrisi ritrovati dopo l’incubo dei tre gol beccati in sette minuti la domenica precedente. Mica per colpa di Pellegrini, se mai: colpa del destino cinico e baro, che tutto regola e tutto dirige. Con il capitano fuori causa, è toccato al portoghese appena arrivato calciare quel pallone: piattone destro e gol. Tutto frutto ancora del destino, nell’occasione un po’ meno cinico e anche un po’ meno baro. Un interruttore spostato da off a on? Basta attendere, e la verità verrà alla luce. Intanto, la nuova Roma di Mou sul piano del gioco è apparsa tanto simile a quella vecchia. Normale, visto che due uomini non possono cambiare una squadra nel giro di poche ore. C’è bisogno di tempo e di lavoro; c’è bisogno di seguire con costanza un filo logico. Nelle ultime settimane Mou ha perso tre elementi che non giocavano e ne ha presi due che sono diventati al volo titolari. Roma più forte, perciò? Roma meno incompleta, forse. Roma ancora alle prese con parecchi problemi, comunque. E destinata a lottare con tutta se stessa per chiudere il campionato in una posizione di classifica migliore rispetto a quella del passato torneo.
(La Repubblica)