29/04/2022 14:42
È passato un anno esatto da quando Dan Friedkin, insieme a una delegazione di dirigenti, si presentò nell’appartamento londinese di José Mourinho. Era il 28 aprile dello scorso anno. Il presidente, che fortemente l’aveva voluto, intuì che quella era stata la scelta giusta 24 ore dopo, quando il Manchester United fece brandelli delle ambizioni romaniste di vincere il trofeo. Un anno dopo, un’altra trasferta inglese, a Leicester, ha certificato la bontà di quella scelta.
La svolta dopo il ko con la Juve. Mourinho ne fece un manifesto di quella partita: in quella sconfitta c’era tutto ciò che avrebbe dovuto combattere. Ha costruito riunioni tattiche e analisi, ha rimosso giocatori da quel momento diventati comparse come Shomurodov e Viña. E altri, scoperti e imposti sorprendendo chiunque, come Nicola Zalewski, l’eroe di Leicester insieme a Lorenzo Pellegrini. Da quella notte, la Roma ha praticamente cancellato la sconfitta dal proprio vocabolario: ne sono arrivate tre, di cui due con l’Inter e una, del tutto ininfluente, col Bodo/Glimt.
Nella notte di Leicester s’è consumata l’ultima trasformazione. Al King Power Stadium è emersa la prima, vera Roma versione Special: solida, cattiva, in grado non solo di lottare, ma di tenere la concentrazione altissima anche sotto assedio. Una capacità che aveva l’Inter di Mourinho, che aveva il suo Chelsea. E che José sta ricostruendo anche nella capitale.
(repubblica.it)