05/04/2022 08:47
Ci sarebbe da scrivere un romanzo sulle gesta, non sempre eroiche, spesso complicate da un guaio fisico, a volte debordanti oltre i confini del calcio e dello sport, di Nicolò Zaniolo. Ma che romanzo sarebbe? Appendice, avventura, psicologico, anti-romanzo? È un grande, Nicolò Zaniolo. Ma è soprattutto un grande pischello. È come se fosse cresciuto a metà. Eternamente acerbo. Una parabola perennemente interrotta. Iniziata si, ma interrotta.
Ha da poco festeggiato le sue 100 partite con la Roma. Ha impiegato tre anni mezzo per completare questo primo ciclo di esperienze: tanto è passato dal 19 settembre 2018 e da quel Real Madrid-Roma. Ma non è diventato altro da sé. Non è stato nemmeno fortunato, va detto. Quando si poteva sognare, è arrivato il danno. Quando lo si poteva dare per svezzato, con davanti la porta aperta delle manifestazioni più importanti, è arrivato un altro danno. Tra i lamenti e la speranza, Nicolò si è posizionato in una modalità poco rimunerativa, dal punto vista dell'evoluzione del proprio talento: ha aspettato che il campo, non sempre seminato a dovere, portasse i frutti tanto attesi.
Complice la sua leggerezza nel mescolare vita privata e pubblica, Nicolò è rimasto un treno a scartamento ridotto, concepito per essere un fulmine e ma condannato dalla realtà a rallentare. Se i suoi rapporti con la Roma sono al limite della decenza, se nessuno fa più carte false per tenerlo, se lui stesso, a contrasto, dichiara eterno amore per i colori giallorossi, vuol dire che il meccanismo non funziona più e ha bisogno di benzina propagandistica. Forse Nicolò ha davvero bisogno di cambiare aria, persone, colori. Lo dimostrano i ricordi. Cosa ci viene in mente quando pensiamo a Zaniolo? Per rispondere a questa domanda basta farsene un'altra: cosa ci viene in mente se pensiamo a Totti? Cosa lascia Zaniolo nel cuore? So. lo la devastazione delle immagini dei suoi infortuni, che sono veri, che sono dolorosi, ma non possono essere un alibi.
(La Repubblica - E. Sisti)