29/04/2022 07:59
“Fino alla Vittoria”, avevano scritto su uno striscione dietro cui marciavano verso lo stadio i duemila romanisti di Leicester. Dovranno rimandare il proposito, ma il pareggio 1-1 in terra inglese è una moneta d’oro pescata in un fiume di pietre. Ed è arrivato grazie alla più mourinhana delle partite possibili, un corpo a corpo da trasferta visto a varie latitudini e con vari colori. Il pullman davanti alla porta non è più quello capace di fermare il Barça di Messi e Guardiola ai tempi dell’Inter, e qualche spiffero passa da finestrini non proprio a tenuta stagna. Ma la Roma stavolta su un campo l’ha giocata nel solco delle grandi battaglie europee, andando vicinissima a vincerla con Oliveira. Ma è soprattutto riuscita a uscire indenne dal King Power Stadium di Leicester a differenza dei precedenti più recenti, quando finì con le ossa rotte sia ad Anfield che a Old Trafford. E pazienza se non è la Champions: “questa è la mia coppa”, ha ricordato José Mourinho. E sua è sempre più questa Roma, trascinata da due ragazzi romani: gol di Pellegrini. E assist di Nicola Zalewski, un ragazzino di 20 nato a Tivoli, comune antichissimo a una trentina di chilometri dal Colosseo, uno che dopo le partite torna a casa dalla mamma in auto cantando i cori dei tifosi della curva sud con accento romanesco, ma che ha scelto di difendere i colori della nazionale polacca: da lì veniva papà Christopher, deceduto a settembre dopo averlo visto debuttare con entrambe le maglie del suo cuore. Chissà se un giorno Roberto Mancini, che pure da Leicester era passato, prima di preferire la panchina da tecnico alle ultime briciole di calcio giocato, rimpiangerà di non aver provato a convincerlo a preferire l’azzurro.
(La Repubblica)