26/05/2022 08:36
IL TEMPO (A. AUSTINI) - Vincere a Roma è un’impresa. Riuscirci in meno di due anni diventa leggenda. Dall’acquisto del club ad agosto 2020, in piena pandemia, alla Conference League di Tirana, il trionfo romanista parla anche texano, la lingua della famiglia Friedkin. Grandi meriti di questo trionfo europeo dei giallorossi vanno sicuramente attribuiti ai proprietari americani, che a suon di milioni, restando sempre in silenzio ma con una presenza costante a Trigoria e all’Olimpico, hanno finanziato un nuovo progetto sportivo che ha trovato un suo compimento prima del previsto.
Hanno preso José Mourinho per vincere con un piano triennale, nei programmi non era di certo obbligatorio farlo subito, esserci riusciti è uno slancio per raggiungere traguardi più prestigiosi in futuro. Ma come inizio di questa seconda era americana dei giallorossi non si poteva chiedere di meglio, dopo una prima stagione di studio della società, con una valanga di soldi da immettere e i tipici errori del noviziato. Aver iniziato l’annata scorsa senza un direttore sportivo (Tiago Pinto è arrivato a gennaio 2021) ha causato qualche scossa di assestamento, vedi gli errori di mercato e la prima partita ufficiale della gestione Friedkin persa a tavolino per un errore nella lista consegnata alla Lega di Serie A. I Friedkin, senza parlare mai, hanno capito piano piano cosa andava cambiato, chi bisognava ascoltare e anche chi allontanare, e hanno tirato fuori il jolly che nessuno si aspettava al momento giusto.
Perché la vittoria di Tirana è iniziata il 4 maggio 2021, il giorno dell’annuncio dell’ingaggio di José Mourinho, l’allenatore più vincente al mondo che da solo ha portato un effetto entusiasmo senza precedenti all’interno e all’esterno della Roma. Una dichiarazione d’intenti, l’investimento su una figura carismatica che vale più di un solo campione in rosa, la faccia e la voce del club da utilizzare in pubblico e sul campo. Tutto questo ha avuto un costo altissimo, se si pensa che i Friedkin hanno sborsato già più di mezzo miliardo di euro tra acquisto della società e finanziamenti mensili. Assegni da 15-20 milioni, a volte anche più alti, ogni 30 giorni per portare avanti la gestione corrente, favoriti dalla momentanea sospensione del Fair Play Finanziario dell’Uefa che ha permesso ai proprietari di coprire con i loro soldi le perditi, senza dover per forza cedere i migliori giocatori. Nessuno ha mai speso così tanto nella storia della Roma, la Conference League è il giusto premio a un impegno senza precedenti.
Merita una menzione anche Pinto, general manager che non ama i riflettori, capace di acquistare un centravanti moderno come Tammy Abraham chiudendo al momento giusto la storia di Dzeko in giallorosso. Dai successi in varie discipline al Benfica fino al primo trofeo portato a Roma dopo 14 anni, il nome del portoghese resterà per sempre tra le firme di un successo storico.