26/05/2022 07:21
Bisogna partire dalla fine, dalle cinque dita mostrate con orgoglio a ricordare la sua bacheca europea, e poi alle lacrime, che hanno ricordato la scena di Madrid quando Mou, appena regalata la Champions all’Inter, aveva già deciso di andarsene. «No, io voglio restare a Roma, anche se arriva qualcosa non mi interessa, non voglio “qualcosa”, voglio vincere qui. Bisogna capire ora cosa vogliono fare i nostri proprietari, gente onesta e fantastica, per la prossima stagione, perché ci sono basi per dare seguito a tutto questo». Una rassicurazione ma anche una precisa richiesta. L’ultimo atto di una finale da Mourinho: serviva lui per riportare l’Italia a conquistare un trofeo Europeo.
«Ai ragazzi prima della partita avevo detto: a Torino dovevamo fare il nostro lavoro, qualificarsi per l’Europa League, e l’abbiamo fatto. Oggi no, non era lavoro: era storia. Potevamo scriverla o non scriverla, l’abbiamo scritta».
Dejan Stankovic racconta che prima della gara Champions di Madrid il portoghese disse alla squadra pochissime parole: «Ricordate che le finali sono fatte per essere vinte». Un proclama coerente con la sua storia: quattro finali europee da primo allenatore, quattro vittorie. E per questo ha festeggiato mostrando le cinque dita della mano aperta. Due volte la Champions, con i nerazzurri nel 2010 e sei anni prima con il Porto. Due volte l’Europa League. La prima, quando ancora si chiamava Coppa Uefa, nel 2003 col Porto. La seconda nel 2017 con lo United. Ora la Conference League, che fatte le debite proporzioni ricorda le sue altre imprese, quelle che ne hanno fatto lo Special One. «Un conto è vincere quando tutti se lo aspettano, un conto quando i trofei restano immortali. Penso alla gente romanista che fa la sua festa oggi: rimane per sempre ».
(La Repubblica)