15/11/2022 07:27
IL TEMPO (M. JURIC) - Le dichiarazioni con cui Mourinho ha commentato il pareggio con il Torino e formalmente ha chiuso il 2022 sono state rumorose. Non tanto nei toni, quanto nei termini. E nelle prospettive che potrà avere la sua Roma se alcune criticità non verranno risolte. Quella mediocrità di cui il portoghese è «indigesto», ma in cui la Roma è attanagliata da troppi anni, rimarranno tali se non verrà innalzata la personalità, ambizione e qualità. Della rosa e della squadra tutta, compreso chi questi giocatori li allena. E se i trofei a volte accecano, i giudizi spesso offuscano, i numeri purtroppo parlano. La Roma chiude la prima parte di stagione da sesta in classifica, pari merito con l’Atalanta. Esattamente la posizione occupata nell’anno solare 2022, calcolando la somma punti da gennaio ad oggi. Un dato in linea con quanto dimostrato dalla Roma nell’ultimo quadrienno, tra quinti e settimi posti. Eppure la vittoria di Tirana, lontana solo sei mesi, doveva essere il volano di un qualcosa di più grande, di più ambizioso. La Roma rimane in corsa per i suoi tre obiettivi stagionali e il tempo per recuperare c’è tutto, ma l’involuzione è sotto gli occhi di tutti. Anche del suo allenatore che ammette come «manca qualcosa di fondamentale rispetto allo scorso anno». Una spiegazione che non può limitarsi a Dybala sì, Dybala no. Ha radici più profonde, quelle corde intangibili toccate a più riprese dal portoghese nelle ultime settimane. La Roma si è seduta sulla vittoria di Tirana, ai giocatori sembra mancare la voglia di innalzare il proprio livello. Coccolati dai sold out ma bloccati nel vincere di fronte a loro. E l’ingresso in campo di Dybala contro il Torino, più che sottolineare la grandezza dell’argentino, ha acceso i riflettori sugli altri. Deresponsabilizzati dal segnare il pareggio, sollevati nell’avere un appoggio sicuro e migliorati in un batter d’occhio con il 21 in campo. E Mourinho questo lo ha capito e ha iniziato a mettere i calciatori di fronte alle loro responsabilità. Ma non quelle dei comportamenti, sempre difesi dietro la parola famiglia, ma dell’ambizione a fare quel passo in più. Un balzo in avanti che sperava di accelerare con la qualità di Dybala e Wijnaldum, corroborata dall’esperienza di Matic, ma che doveva comunque partire dallo zoccolo duro della Roma. A inizio stagione lo Scudetto per Mourinho era «irreale», visto che l’obiettivo ammesso e consapevole era «migliorare il sesto posto dello scorso anno». Ma come si migliora un qualcosa che è uguale da quattro anni? Sicuramente comprando i calciatori. Ma la Roma ha fatto un «mercatino», dove «solo Lecce e Sampdoria hanno speso meno di noi» e l’obiettivo, se ancora condiviso, «è quello di lanciare i giovani». Nessuno ha mai svilito l’estate di parametri zero, ma non sembra bastare. Perché gli psicologi non si comprano sul mercato, così come l’ambizione. La Roma di Mourinho è a metà del suo percorso, bisognerà sfruttare questi 50 giorni di pausa per cercare di andare oltre e più in profondità della speranza Dybala e Wijnaldum. Negli Stati Uniti ci sono le elezioni di Midterm, forse è tempo che in casa Roma si capisca insieme dove davvero si vuole andare e in che termini.