Zeman: "Caso Karsdorp? Non sono d'accordo con Mourinho, ma a lui viene permesso questo e altro. Totti aveva quattro occhi"

13/11/2022 09:19

Zdenek Zeman, ex allenatore della Roma, ha rilasciato un'intervista in esclusiva ai microfoni del quotidiano sportivo. Tra i tantissimi temi affrontati, si è soffermato anche sulla sua avventura sulla panchina dei giallorossi e su José Mourinho. Ecco uno stralcio delle sue parole.

Ha sempre detto: “Il più grande? ”. Ma dopo di lui chi è stato il più forte?
«Nesta, negli Anni Duemila il più grande centrale al mondo».

Raccontano che Sensi le fece capire di essere stato costretto ad esonerarla, per far scendere - diciamo così - la pressione?
«Diciamo così... Se mi avesse tenuto non avrebbe avuto speranze di vincere…Ricordatevi che quell’anno ci mancarono 21 punti. Non esisteva il Var, ma gli arbitri c’erano.. E non erano dalla nostra parte». [...]

Alla Roma ora c’è Mourinho. Cosa pensa dell’accusa di scarsa professionalità, di tradimento, a un suo calciatore. Lei lo avrebbe fatto?
«Io no. Però Mourinho può fare questo e altro, visto che gli viene permesso. Lo scorso anno disse di avere calciatori di Serie C… Può essere che non fossero i più bravi al mondo, ma qualcuno li avrà pur chiamati a giocare in Serie A. O no?».

Per Mourinho ha molta stima?
«Molta stima… Diciamo che lo ascolto volentieri, anche se non sono sempre d’accordo con quello che dice. Mi piace sentirlo». [...]

Su .
«La storia è molto semplice. Lui pensava di poter fare il regista e io gli ho sempre spiegato che nella Roma, quando le cose andavano al meglio, il regista era Pizarro. Lui era un incontrista. Penso che non ci siamo capiti anche se gliel’ho spiegato tante volte».

Vi siete chiariti in seguito?
«Ci siamo visti poco. Una volta c’è stato un incontro cordiale. Ora che fa l’allenatore gli auguro soprattutto una cosa, di trovare la via giusta. Che vuol dire lavorare per la squadra e non per i singoli».

(gasport)


Zeman ha parlato anche a un altro quotidiano, ripercorrendo la sua carriera da allenatore alla Roma ed elogiando Francesco .

Roma è la sua città d’adozione.
"Vivo qui da 25 anni, ho allenato entrambe le squadre, e sia i laziali sia i romanisti mi vogliono ancora bene". [...]

"La Lazio mi aveva esonerato. Suona il telefono: 'Sono il presidente Sensi'. Buttai giù: 'E io sono Napoleone'. Era Sensi per davvero".

Come andò con la Roma?
"Il campionato 1998-1999 fu un calvario di torti arbitrali, che costarono alla mia Roma almeno 21 punti. A Udine ci inventarono un rigore contro. Avevamo un attaccante, Fabio Junior, immeritatamente detto l’Uragano blu, che non segnava mai; quando finalmente fece un gol, glielo annullarono, non si è mai capito perché. Episodi assurdi. I calciatori videro che i loro sforzi erano inutili, e qualcuno mollò. La quartultima giornata perdemmo 4 a 5 con l’ all’Olimpico. Si disse che l’ avesse contattato tre dei miei in vista dell’anno successivo. Ebbi l’impressione che alcuni fossero distratti, c’erano difensori che facevano i centravanti… Così con Sensi decidemmo di fare nuovi acquisti".

Invece Sensi la mandò via.
"Il sistema lo convinse che con me in panchina non avrebbe mai vinto nulla".

Arrivò Capello, e nel 2001 vinse lo scudetto.
"Ma con spese folli, tipo i 70 miliardi per Batistuta trentunenne, che costarono a Sensi il tracollo finanziario. E Capello non partecipò alla festa al Circo Massimo, che io non mi sarei perso per niente al mondo [...]".

". Pareva avesse quattro occhi, due davanti e due dietro. Gli ho visto fare cose che sorprendevano tutti, anche me dalla panchina. Un’intelligenza calcistica prodigiosa. L’ho allenato due volte, quando aveva ventun anni e quando ne aveva trentasei, al mio ritorno alla Roma. Mi ha sempre seguito. E non abbiamo ma litigato".

(corsera)