22/04/2023 08:19
IL TEMPO (L. PES) - Unita, determinata, compatta, affiatata, infinita. La Roma targata José Mourinho è tutto questo e molto altro. Nella notte più emozionante, fino ad ora, della stagione, nella quale i giallorossi hanno ribaltato ed eliminato il Feyenoord all'Olimpico, si è visto il campionario completo delle virtù della squadra allenata dal tecnico portoghese. Anche se probabilmente «allenare» non è il termine esatto da utilizzare quando si parla dello Special One. Mourinho non si limita ad allenare, nel senso letterale del termine, Mourinho entra nella testa di ogni singolo componente del gruppo, cambia il destino dei calciatori, inverte completamente la storia di un club. Il tecnico ha letteralmente plasmato la squadra a sua immagine e somiglianza. Un gruppo imperfetto, con grandi individualità ma anche diverse carenze di organico, che, salvo rare eccezioni nel biennio gestito da Mou, resta attaccato a ogni singola gara dal primo al novantesimo.
Le difficoltà tattiche sopperite dalla necessità di non lasciare niente di intentato. Quel gol olandese che a dieci minuti dal termine della partita ha gelato i 67mila dell'Olimpico, non ha scalfito la forza di volontà della Roma, che con il suo diamante più prezioso ha allungato la gara per poi azzannarla strappandola dalle mani del Feyenoord nei supplementari. Una piacevole abitudine quella dei giallorossi ad esserci sempre, fino a che l'arbitro non fischia tre volte. Come vuole il suo allenatore e come per anni ha desiderato, soffrendo, il suo pubblico. Un popolo onnipresente che oggi più che mai può essere orgoglioso della forza mentale, prima di tutto, della sua squadra.
Un'altra meravigliosa abitudine sta diventando quella di frequentare i piani alti del calcio europeo. Perché se è vero che da quattro stagioni la Roma non gioca una gara di Champions (ultima volta a Oporto nel marzo 2019), i giallorossi sono giunti alla quarta semifinale europea nelle ultime sei stagioni. La terza consecutiva (due di Europa League e una di Conference League) conquistata battendo un avversario diventato un «nemico» consolidato in Europa.
Dal doppio confronto del 2015 alla finale di Tirana dello scorso 25 maggio. Una sfida che si è accesa negli ultimi mesi e che anche giovedì all'Olimpico si è confermata su altissimi livelli di tensione.
Feyenoord a parte, negli ultimi anni la consapevolezza della Roma nelle coppe europee è cresciuta enormemente, così come è cresciuto il rispetto e il timore reverenziale che le avversarie di turno riservano ai giallorossi. Dal «bon bon» del 2018 prima del quarto di Champions col Barcellona alla speranza di non pescare la squadra di Mourinho.
Una crescita testimoniata dai numeri: confermato il decimo posto nel Ranking Uefa (92mila punti alle spalle del Barcellona e davanti all'Inter) e già 20 milioni incassati nel percorso in Europa League (botteghini esclusi), con la possibilità di arrivare attorno ai 30 raggiungendo Budapest. E a proposito della capitale ungherese, che il 31 maggio ospiterà la finale, sale la febbre da coppa tra i tifosi. Prezzi dei biglietti aerei schizzati alle stelle nelle ultime ore e diversi «coraggiosi» che hanno già prenotato un posto. Per un sogno che continua.