Leader fanatico eppure amato, Mou si concede l'ultimo azzardo

31/05/2023 09:55

Ci siamo siamo. Mentre l'esodo del popolo romanista è in pieno svolgimento tra cielo, fiume e terra, dentro aerei e macchine stipate di ogni cosa, uomini, donne, preghiere, amuleti e sospiri, Jose Mourinho arriva in magnifica solitudine là dove voleva arrivare. La vertigine del giocatore d'azzardo. Mai, nella sua pur mirabolante storia di allenatore, era stato così vicino al brivido di chi si gioca tutto in una mano. Sbancare o franare. Estasi o depressione. Non ci sono vie di mezzo.
José si gioca tutto in novanta minuti, forse centoventi, sul tavolo verde della Puskas
Arena. Il titolo lo consacrerebbe come il più importante allenatore della storia
romanista, un gradino sopra lo stesso totemico Barone
Liedholm. Una sconfitta lascerebbe lui e la Roma con una manciata di nulla in mano e ridarebbe fiato alle trombe dei detrattori. La scelta di fare della panchina una trincea di guerra, la discutibile gestione della stagione, la scelta fin troppo radicale di rinunciare al campionato per puntare tutto sulla roulette del rosso o nero.
L'azzardo assoluto del tutto o niente. [...] Se questo è vero, se Dio esiste, e secondo Mou, Dio esiste, la vittoria questa sera sarà sua e quindi della Roma. In caso contrario, la frustrazione sarà totale.
Mente brillante, pragmatismo feroce, Mou ha capito in fretta che doveva puntare quest'anno su due uniche, fondamentali risorse: la cieca disponibilità di una sporca dozzina di giocatori (Pellegrini, Mancini, Cristante in testa) e la passione non meno cieca dei tifosi. Ritrovandosi poi un immane Matic, il più forte di sempre, il migliore Smalling di sempre e un abbagliante per quanto intermittente Dybala, Mou si è votato a costruire il suo "mucchio selvaggio", la versione calcistica di Leonida e del suo pugno di spartani alle
Termopili. [...]

(G. Dotto - Gasport)