19/05/2023 07:13
LEGGO (F. BALZANI) - Chiamatela Special, chiamatela eroica, chiamatela come volete. La Roma entra nella storia del calcio italiano conquistando la seconda finale europea di fila dopo un pareggio di astuzia e sofferenza a Leverkusen. Quella di Europa League contro il Siviglia di Monchi e Lamela, quella di una Budapest così vicina a Tirana per emozioni e sensazioni. Una squadra commovente guidata dal condottiero Josè Mourinho arrivato alla sesta finale in carriera che ha saputo sopperire agli infortuni (in corsa quelli di Spinazzola e Celik), alla fatica, a uno stadio scorretto e a un avversario che ha concluso la gara con sei punte. I pericoli non sono mancati ma l'incrocio di Diaby e le parate di Rui Patricio hanno spento i sogni di rimonta di Alonso. La Roma ha messo il pullman come l'Inter del Triplete. Sugli scudi il professore Matic e lo studente Bove, marcatore della gara d'andata. Una favola quella di Edoardo, ma non solo per lui. Per Pellegrini è la seconda finale da capitano, nessuno nella storia c'era riuscito. Mourinho, in lacrime a fine partita è un mix di emozioni: «Questa è la mia squadra, nelle sofferenza, nell'intelligenza, nella saggezza. I piccoli dettagli sono fondamentali. Se non abbiamo Smalling in panchina forse non andiamo in finale. Bove finisce a fare il quinto di destra. Quando nelle difficoltà trovi il meglio di te stesso è qualcosa di unico. Cosa posso chiedere di più? Questi ragazzi meritano qualcosa di speciale lunedì a Trigoria. Io non voglio essere nella storia, sono qui per portare gioia a questa gente. Ora si fa festa a Roma, ma non dobbiamo dimenticare la sofferenza della Romagna». Ora l'appuntamento è al 31 maggio alla Puskas Arena già presa di mira da migliaia di tifosi romanisti nella notte. Pellegrini riconosce i meriti al tecnico: «È l'artefice di tutto, della nostra identità. Ha creato una famiglia unica».