L'ultimo allenatore padre. Insegnava il calcio e la vita

20/08/2023 10:10

Se ne va papà. se ne va nonno. Tra Mazzone e Roberto Baggio correvano trent'anni esatti, tra lui e trentanove, quello era ancora un calcio di equilibrio e distanza filia-le, di profondo rispetto generazio nale attorno alla tavola della dome-nica. Per questo adesso ci sentiamo orfani, veramente. […] Diciamo dunque addio a uno de gli ultimi padri fondatori dell'amore magistrale, socratico, su un campo di calcio. Uno come il Trap, come Radice e Bearzot, Vicini e Liedholm, Bagnoli e Boskov, Mondonico e , e potremmo continuare. L'allenatore al quale si dava del lei e che non era quasi mai coetaneo dei calciatori, come a volte accade oggi, non era una star, non replicava colleghi tutti uguali, a modino, plastificati, ben pettinati, assai ben stipendiati, abili nel parlare molto per dire niente. L'esatto contrario degli aforismi fulminanti di Carletto. Averne ancora? Magara. Come un padre, questo tipo di allenatore sapeva dire e si faceva capire anche tacendo, fossero tattica o sesso o destini da rincorrere. Non è un caso che il suo territorio fosse la provincia. Mazzone ha vissuto ad Ascoli, e smise di allenare perché dopo i settanta non poteva tornare a casa in macchina tutte le domeniche di notte. Il senso della piccola patria come motivo fondante di tanto orgoglio: «Sono felice di aver fatto parlare della città di Ascoli in tutt'Italia». Una geografia di periferie che rappresentano invece il cuore pulsante più vivo del nostro Paese. Carlo Mazzone le abitava sentendosi a casa, e lo era incredibilmente anche sui social, dove negli ultimi anni si mostrava con nipoti e bisnipoti («Nonno, ci facciamo un selfie?», «Un selfie? E che dovemo da fa»?»), dolcissime foto piene di cuoricini in cui il patriarca appariva sempre più vecchio, più smagrito e fragile, come un bimbo che torna a casa. Ed è lui che ora accarezziamo, come padri.