Una volta Calhanoglu ha detto alla Gazzetta che il campionato italiano è sottovalutato. Concorda?
«Ha ragione, non capisco perché succeda. Già dalla prima partita giocata in Italia, Roma-Sassuolo, mi ha colpito la qualità. E anche i calciatori sono sottovalutati ingiustamente: qua c’è gente forte, dobbiamo essere fieri del movimento».
Si è mai sentito sottovalutato anche lei?
«Sì... Visto che sono arrivato all’Inter a 33 anni, forse si pensava a me come a uno destinato solo a fare numero e a non essere incisivo. Però, dal primo giorno, ho fatto capire che non volevo perdere tempo e dare un contributo per la vittoria».
Da Lucescu a Klopp, Mou e tanti altri ancora, ha avuto diversi maestri: chi le ha lasciato di più?
«Tutto è iniziato con Lucescu, poi Mou è stato il più duro, ma era un vero vincente: non vedeva altro che la vittoria. Klopp a Dortmund era uno psicologo. Prima di una rifinitura scommettemmo 50 euro: dovevo segnare 7 volte su 10. Persi e pagai. Il giorno dopo, però, doppietta a Francoforte: «Ora restituiscimi i miei 50...», dissi scherzando. Da quel momento, basta scommesse tra di noi!».