01/03/2024 07:31
Foossiamo ancora scrivere di lui. Paulo Dybala è un appuntamento fisso della rubrica, torna perché non può andarsene, è radicato profondamente nella passione del gioco e forse sopra le passioni del tifo. Appartiene al senso e al sogno del calcio, ha un posto importante e residuale nell'immaginario collettivo. Dybala ci parla e ci chiede: tenetemi stretto, posso ancora esserci. Dybala è un bisogno e infatti tutto lo stadio piangeva, il giorno che salutò il popolo della Juventus. (...) Doveva essere inesorabilmente destituito dalla debolezza fisica per l'incapacità di offrirsi per stagioni intere, per partite piene. Contare le assenze e dimenticare i gol, gli assist: che controsenso, che cattiva testimonianza! Allora alla Roma: per l'affidarsi di Mourinho ai giocatori "decisivi" (speculare al calare della sua capacità di incidere sulle squadre) e per una città che sente l'urgenza di essere messa in scena. Sembrava essere il suo Sunset Boulevard, quella strada dove grandezza e consunzione del divismo camminano insieme. C'è il sole ma c'era anche una direzione, e una soltanto. Ma un tramonto ci indica solo l'orizzonte. Dybala allora è il rovescio a una mano nel tennis che resiste in pochi atleti, sostenuti con affetto ampliato per la dote che va a sparire. (...) Dybala si è trovato un posto dove ribaltare il discorso: con la Roma ha ammucchiato sessanta partite in 18 mesi segnando 30 gol e piazzando 14 assist. Qualche assenza e qualche vuoto agonistico per alimentare la critica, per lasciare ognuno con le proprie opinioni. Ci teniamo la nostra, irrisa per romantica: Dybala crea calcio e felicità, la felicità è un diritto. Ci teniamo la fantasia, come davanti a quel giovane tennista che va a colpire il rovescio girando l'impugnatura, portando dietro il piatto corde, facendolo pendolare fino a esplodere e poi venir su con la spalla facendo sopravvivere qualcosa del suo sport, dei suoi gesti, del nostro bisogno di essere uomini classici - unica ricchezza immutabile che ci rende immortali. (...)