13/04/2024 09:38
IL TEMPO (L. PES) - Pochi sorrisi e la voglia di restare concentrati. Sanguigno, acuto, determinato, concentrato, romanista. Tanti gli aggettivi attribuibili a Daniele De Rossi che dopo il capolavoro di San Siro meriterebbe il rinnovo ora, indipendentemente da ciò che può accadere. La vittoria in casa del Milan nei quarti di Europa League, cinque giorni dopo il successo del derby (che porta la stessa firma, quella di Mancini) è figlia di una preparazione meticolosa del match seguita da un'interpretazione magistrale dei calciatori, convinti che ci fosse "tutto da perdere", come aveva detto il tecnico giallorosso alla vigilia. La mossa di impiegare El Shaarawy a destra in un 4-4-2 irregolare e fluido è la copertina di un piano gara studiato nei minimi dettagli da DDR e il suo staff, e che nasconde tante altre scelte azzeccate.
Dal coraggio di riproporre Smalling in una linea a quattro (non accadeva da quasi tre anni), la scelta di Spinazzola sulla corsia di sinistra per tenere impegnato Pulisic e contrastarlo fisicamente. Per arrivare al ruolo inedito e di sacrificio di Pellegrini che da ala mancina atipica si inserisce sì, ma poi lotta con tutti gli altri nel finale. Paredes più interditore che regista fino a Dybala libero di spaziare per tutto il fronte offensivo, lasciando a un Lukaku finalmente incisivo il compito di lottare e pulire palloni. I complimenti vanno divisi tra tutti, ma certo è che da tre mesi a questa parte la Roma sembra un'altra squadra, e la sensazione nei novanta minuti di San Siro (stadio dove, sponda rossonera, non si vinceva da sette anni) è quella di una squadra viva, moderna e soprattutto capace di giocarsela con chiunque. Sedici panchine (numero non casuale) dove le vittorie sono state undici, con tre pareggi e solo due ko arrivati contro la corazzata Inter e a Brighton nel ritorno degli ottavi quando c'era un largo 4-0 da poter difendere. Nelle ultime quattro gare, inoltre, Svilar è uscito senza gol subiti e la fase difensiva ha conosciuto una crescita tangibile, superando anche quella difficoltà sui cross dalle fasce che aveva caratterizzato le prime uscite del nuovo tecnico.
Ma niente è finito e nulla è conquistato. Lo sa per primo De Rossi che ha come obiettivo quello di farlo capire alla squadra. "Possiamo perdere o sbagliare i passaggi, ma l'atteggiamento deve essere sempre lo stesso. A Udine anche deve essere questo e se non ci sarà vorrà dire che dovrò fare molto lavoro e i calciatori non avranno ancora capito l'atteggiamento che serve per giocare a calcio, soprattutto in queste partite". Concetto chiaro e maturo, da chi conosce le insidie del calcio e da allenatore, giustamente, pretende tanto dai suoi. Domani a Udine serve la Roma affamata delle ultime settimane, perché la Champions League, seppur il quinto posto può aiutare, va ancora conquistata e ci sono ancora almeno novanta minuti da giocare contro il Milan dove il piccolo ma importante vantaggio non garantisce affatto il pass per la semifinale.
Dalla tattica alla mentalità, dalle intuizioni allo spirito di sacrificio. Sedici partite in cui De Rossi ha dimostrato tanto, e soprattutto ha convinto uno spogliatoio moralmente devastato che tutto si può fare. E le risposte le ha raccolte sul campo come davanti ai microfoni, perché tutti, da Dybala in già, chiedono a gran voce la sua conferma. Anche per un coinvolgimento diverso del gruppo, che con Mourinho aveva meno dialogo e rigettava alcuni ideali non più proponibili al terzo anno. Risultati, critica e spogliatoio sono dalla sua parte. Ora tocca a Friedkin.