23/09/2024 07:21
Non era affatto facile. Esordire in casa sulla panchina che fino a quattro giorni prima era di proprietà di una bandiera come Daniele De Rossi. Che la domenica di Ivan Juric fosse difficile, ne era consapevole anche lui. Non a caso la vigilia era stata un sunto di pragmatismo e sintesi. In più l’atmosfera all’Olimpico. Dichiaratamente contraria ai Friedkin e a buona parte della rosa. La lettura delle formazioni è stato un susseguirsi di fischi per molti calciatori della Roma. Nel calderone, suo malgrado, è finito anche Ivan Juric. Fischiatissimo dall’Olimpico. Colpevole? No. Ma proprietario di quella panchina, che per tutti i tifosi giallorossi, doveva essere ancora di Daniele De Rossi. Finita qui? Certo che no. Perché in questo clima di contestazione a far ulteriore rumore ci ha pensato il silenzio assordante della Curva Sud. Rimasta fuori dallo stadio per mezz’ora, come annunciato nei giorni scorsi. Settore vuoto, riempito solamente da uno striscione: “Non rispettate i nostri valori e le nostre bandiere. Da oggi torniamo alle vecchie maniere”. Trenta minuti di partita in cui la Roma ha giocato nel brusio dello stadio, rotto solamente dalle urla di Juric. […] In tutto questo c’è stata una partita. Una bella partita della Roma. Che ottiene la prima vittoria in campionato: 3-0 all’Udinese, una delle sorprese di questo campionato. Juricannulla Runjaic e lo fa seguendo le sue idee. “Mi è piaciuta molto la prima Roma di De Rossi, quella della scorsa stagione. Vorrei riproporre quell’idea”. Detto, fatto. Dentro tutti i senatori, fuori tutti i nuovi acquisti. Ad eccezione di Dovbyk. Panchina per Soulé, Hummels, Hermoso, Abdulhamid, Dahl e Koné. Sorprendente soprattutto quella del francese, giustificata prima della gara dallo stesso allenatore croato: “Gran talento, ma c’è da lavorare”. Meglio affidarsi su quello che ha visto lo scorso anno e che gli è piaciuto in questi pochi allenamenti. E la squadra lo ha premiato con la carta della corsa e abnegazione. Provando a mettere in pratica già i primi dettami. Aggressività e verticalizzazioni. […]
(La Repubblica)