Baldini, Bianchi, Spalletti e Ranieri: così discussero Totti

22/07/2011 17:50

 

LAROMA24.IT (Tiziano Riccardi) - Da dove nascono le tensioni tra e Franco Baldini? Da lontano, da molto lontano. È sufficiente tornare indietro di qualche anno e andare a riprendere una vecchia dichiarazione del dirigente toscano, datata maggio 2004, quantomai attuale a rileggerla oggi, non così distante da quella rilasciata a Repubblica (" ha davanti ancora quattro-cinque anni di carriera. Se saprà guardare solo al calcio e non farsi carico di altro"): "Le competenze di – disse – finiscono sul campo: continui a fare il suo dovere e a non occuparsi della lista della spesa (il mercato, ndr), esercizio inopportuno". Un virgolettato duro, che fa scopa con quello ben più recente: "Deve smettere di lasciare fare, più leggero sarà, più lontano andrà con il pallone".

Evidentemente, è un pensiero che Baldini si porta dietro da sette anni a questa parte. In attesa della replica ufficiale, che potrebbe arrivare quanto prima, non è la prima volta che si trova a polemizzare con colleghi della stessa società.

BIANCHI - In principio fu Carlos Bianchi, l'eccentrico allenatore argentino che rischiò di portare la Roma in Serie B, a mettere in dubbio le qualità del suo talento: " è un giocatore normale, è come Pandolfi (un attaccante argentino che in tutta la carriera ha realizzato 22 gol, ndr)". Superfluo soffermarsi oltre.

CAPELLO - Fabio Capello regalò alla piazza romanista il terzo scudetto, ma il rapporto con il capitano stentò a decollare. Quando Don Fabio passò alla , la distanza tra i due diventò incolmabile: rimproverò all'ex tecnico un comportamento non esemplare all'interno dello spogliatoio, l'uomo di Pieris rispose citando un episodio di qualche anno prima: “Si ricordi , penultima partita dell'anno in cui vincemmo lo scudetto, con 15 mila tifosi al seguito: lui sa...". Allusione ad un'intemperanza giovanile, che Capello stigmatizzò duramente.

SPALLETTI - Momenti di tensione anche con Luciano Spalletti, probabilmente l'allenatore più importante della carriera del capitano per tanti motivi, che però non perdeva occasione per pungolarlo: " deve migliorarsi, può capitare anche ai campioni come lui. Ha un paio di difetti, potrebbe allenarsi di più e tenere i nervi saldi”, disse Spalletti durante una conferenza stampa del 2008. Un modo per spronare il più grande calciatore della storia giallorossa, che, con il tecnico toscano ha realizzato - tra coppe e campionati - 93 gol. Il legame tra i due si incrinò definitivamente alla vigilia di Roma- dell'agosto 2009: "Non me ne importa delle polemiche, io sono un allenatore. deve lavorare sulla testa perché una punta ne ha bisogno. Io gli dico di andare di testa e lui mi dice non è una mia qualità, ma io so che se ci va la prende. Perché conosce i segreti del calcio. Io di lui dico che è stratosferico, ma a tutti bisogna dire di mettere qualcosa in più. Ogni volta che tira in porta suonano le campane a morte, perché fa danni. Ma se tira di più, ne farà di più di danni". Questo prima della gara. Nell'agitato post partita, poi, pur non nominandolo mai, il riferimento di Spalletti al suo giocatore migliore fu evidente: "Sono cinque anni che parlo degli equilibri, invece si ricerca il tacco, la punta, il titolo, il gol, gli equilibri, se non si fanno i contrasti, non si vincono le partite". Quarantotto ore dopo, a Trigoria arrivò Ranieri al posto del dimissionario Spalletti.

RANIERI - E proprio Ranieri, a pochi giorni di distanza dal suo insediamento, alla vigilia di Roma-, disse la sua: " è un giocatore atipico, un campione che può risolverti la partita in qualsiasi frangente. Deve cambiare un po’ il suo modo di giocare, però: tutti sanno che viene incontro alla palla, anche i sassi. Deve cercare di fare altri movimenti". Il fuoriclasse di Porta Metronia rispose con una doppietta e un assist vincente per . Altro episodio, altra storia. Il calcio di a Balotelli, durante la finale (persa) Roma-Inter di Coppa Italia del maggio 2010, fece discutere tutta Italia (dal Presidente della Repubblica in giù). Episodio che costò al capitano una maxi e le invettive del paese intero.

Ne discussero in tanti, tra questi il dirigente di Trigoria, Gian Paolo Montali, con toni che poco piacquero a Francesco: “Non è stato un gesto da Roma, ma lui sarà stato il primo a dispiacersi”. Si aprì un incidente diplomatico che, l'allora ottimizzatore delle risorse umane, cercò di riparare così: “Se ho detto che non era un gesto da Roma? Non l’ho detto. Le parole sono importanti. Non si possono estrapolare e dare un altro senso”. L'amore (per la Roma) conta, cantava Ligabue, ma anche le parole.