08/07/2011 21:51
Si scrive Erik Lamela, ma sembra Antonio Cassano. Qualcuno potrebbe obiettare, storcere il naso, magari facendo tutti gli scongiuri del caso e toccare il ferro più vicino, vista come è finita la storia con il barese, ma erano dieci anni che la Roma non investiva una cifra importante su un calciatore giovane di grandi prospettive. Quando, nell'estate del 2008, la società ingaggiò Jeremy Menez non fu la stessa cosa.
Il francese, tanto per dirne una, arrivò a 21 anni; il talento del River Plate, invece, sbarca a Trigoria a 19. Proprio come il primo Cassano.
Estate 2001, Roma di Capello (tecnico con la "scucchia") scudettata, rinforzata con il miglior giovane del panorama nazionale, classe '82, proveniente dal Bari, numero 18 sulle spalle, squadra con i colori biancorossi retrocessa in Serie B. Costo dell'operazione, sessanta miliardi del vecchio conio.
Estate 2011, Roma di Luis Enrique (tecnico con la "scucchia") rivoluzionata e rivoluzionaria, rinforzata con il miglior giovane del panorama argentino, classe '92, proveniente dal River Plate, numero 18 sulle spalle, squadra con i colori biancorossi retrocessa nella serie inferiore del campionato nazionale. Costo dell'operazione, dieci milioni di euro più bonus vari. Insomma, per certi versi, sembra un bel deja vù, anche perché le due epoche sono segnate dallo stesso dirigente, Franco Baldini, che di giovani calciatori se ne intende e raramente sbaglia le scelte.
Se poi i due si confrontano sul campo, anche lì si trovano punti in comune: il ruolo (fantasista/esterno/seconda punta), il carattere "frizzante", la voglia di irridere l'avversario ad ogni dribbling, la sfrontatezza di fare sempre la giocata più difficile. Con le "somiglianze" ci fermiamo qui, sperando che il futuro di Erik sia luminoso come il corso della nuova Roma. E che superi i numeri di Cassano: 118 gare e 39 reti in quattro stagioni e mezzo. Fare meglio significherebbe aver pescato un top player.
Tiziano Riccardi