Il Genoa di Marino

17/03/2012 20:14

COM’ERA – Il cricket, prima del football. Perché il primo era uno sport più in linea con il medio alto a cui appartenevano i fondatori della società ligure. Il football, al contrario, era pratica destinata alle classi meno abbienti, così erano i giovani del circolo a praticarlo in origine. Furono McLaren e Wilson, stavolta scozzesi, che donarono il campo ai giovani pionieri di quello che sarebbe diventato lo sport nazionale. Partite al sabato, e se qualcuno voleva rivolgersi alla dirigenza (traslando il termine, allora impensabile riferendolo al calcio, con l’attualità) bastava citofonare alla locale trattoria ‘Gina’. Ma il portatore del verbo pallonaro arriverà tre anni dopo, con le fattezze di Sir James Richardson Spensley, di professione medico, ma anche corrispondente per il ‘Daily Mail’, e soprattutto una missione: diffondere il calcio. Se qualcuno, dunque, oggi attribuisce la propria ciclotimia, la perdita degli affetti o la tramontata vigoria del proprio cuoio capelluto al calcio, può inserire un destinatario concreto per le proprie maledizioni. Si attribuisce al signor Spensley anche l’introduzione dei primi soci italiani nel club.

COM’E’– Da Spensley a in mezzo 9 scudetti, tutti conquistati entro il 1924. Sulla bacheca genoana è stata apposta anche la Coppa Italia, dodici anni dopo l’ultimo tricolore. Nel dopo-guerra, invece, gli unici allori per il club del grifone (incrocio tra un’aquila, un leone e un cavallo) sono stati un torneo anglo-italiano (1996) e oltre trent’anni prima un paio di coppe delle Alpi. I primi anni 2000 raccontavano del come della classica grande decaduta, intrappolata nel mezzo della serie B, prima per demeriti sportivi, poi per quelli anti-sportivi come l’illecito che nel 2005 risucchiò la squadra guidata da Diego Milito dalle porte della A, con la promozione appena conquistata, allo scantinato della C, per via di un tentativo di corruzione ai danni del Venezia. Due anni dopo, con altrettante promozioni consecutive, il tornò nel massimo campionato. Escluso il picco del 2008-09 con il quinto posto raggiunto, Gasperini e i suoi si sono piazzati, nonostante percorsi poco regolari, nel mezzo della graduatoria.

COME SARA’ – Per ogni sessione di mercato, la tabellina relativa alla società genovese obbliga ad uno sforzo i grafici viste le numerose operazioni portate a termine. Così, ha fatto il cambio di stagione più volte in questo quinquennio di serie A: infatti, rispetto alla formazione che sconfisse per 4-3 l’ultima Roma di Ranieri nella scorsa stagione e quella che lunedì salirà le scalette dell’Olimpico, sono appena 3 i comun denominatori.

Il resto è cambiato tutto con i guanti allora indossati da Eduardo e che all’Olimpico proteggeranno gli arti superiori di Frey. Della difesa ha resistito allo shopping compulsivo del presidente solo Kaladze, mentre Criscito e Dainelli oggi si esibiscono altrove. L’ex difensore del Milan comporrà la linea dei 4 insieme a Carvalho (new entry), Moretti (modello vintage) e l’eccezione alla regola Marco Rossi, 8 stagioni in maglia genoana ma che nel febbraio del 2011 compariva in mediana e contro la Roma potrebbe traslocare sulla destra. A metà campo, il trio di una stagione fa dove operavano , Rafinha e Milanetto, sono stati sostituiti da Veloso, Biondini e Mesto, quest’ultimo supersite anche del 4-3 ma a quel tempo ancora .

Anche davanti, i riferimenti sono cambiati perché i movimenti di Floro Flores hanno lasciato maglia e compiti al senso del gol di Gilardino, quest’ultimo potrà sfruttare i suggerimenti di uno tra Belluschi (ancora un ‘nuovo’) e , già decisivo all’andata. Il segno della continuità, in avanti, è rappresentato da Rodrigo Palacio, anche lui però potrebbe presto lasciare Genova, magari proprio per trasferirsi nella capitale. In panchina? A ribaltare lo 0-3 nei primi 45’ dello scorso anno fu Ballardini, all’andata c’era Malesani, lunedì invece toccherà a Marino. Con una vittoria, il potrebbe al massimo raggiungere il nono posto. Insomma, ancora metà classifica con tanti gol fatti e altettanti subiti. Più che un Grifone, sembra un Gattopardo. 



Mirko Bussi