La Lazio di Reja

08/02/2014 17:09

LAROMA24.IT - L'Oscar per l'uscita più fuoriluogo nella settimana del derby va di diritto a Edy Reja, che nel postpartita della sfida con il ha augurato ai giallorossi qualche defezione: "Se alla Roma si infortunasse qualcuno non sarebbe male". Parole subito rettificate: "Mi scuso, era una battuta". Infelice, aggiungiamo noi, ma che ha dato al derby di ritorno tra Roma e Lazio la giusta dose di pepe.

PETKOREJA - Tralasciando le velleità da cabarettista del suo tecnico, la Lazio che si prepara alla sfida di domenica è una squadra rinvigorita. Strano a dirlo, se nella finestra invernale di calciomercato è stato ceduto il giocatore più importante e il presidente sostiene di ricevere tra le 60 e le 80 chiamate di minaccia al giorno. Eppure il caotico esonero di Petkovic ha dato i suoi effetti. Con l'allenatore svizzero i biancocelesti ondeggiavano a metà classifica. Le cause? Un calciomercato estivo sbagliato, che ha ingolfato il centrocampo e trascurato l'attacco, e una rosa spremuta, fisicamente ma soprattutto mentalmente, dal ricordo del 26 maggio. Il regalo di Natale di Claudio Lotito ai "suoi" tifosi è stato perciò il ritorno di Reja, già di stanza a Formello per due stagioni tra il 2010 e il 2012. Le beghe societarie con Petkovic hanno portato per alcuni giorni anche alla surreale situazione del doppio allenatore: il nuovo Ct della Nazionale svizzera sulla carta e Reja sul campo.

RISALITA - Petkovic aveva lasciato con un tombale 1-4 a Verona, Reja ha inaugurato con un incoraggiante 1-0 sull'Inter, targato Klose. L'attaccante tedesco, che a fine stagione lascerà la capitale, è sembrato più appannato rispetto alla scorsa stagione, con soli 5 gol nelle 16 partite giocate. Ma la svolta, dopo lo scialbo 0-0 a , è stato il pareggio in casa con la . Un 1-1 stretto alla Lazio, in superiorità numerica dal primo tempo e vicinissima al vantaggio in più occasioni: non è sbagliato dire che i biancoazzurri sono la squadra che ha messo più in difficoltà l'esercito di . Ma cosa ha fatto Reja per rimettere in piedi quella che fino a poche settimana prima sembrava un'armata Brancaleone?

NOVITA' - In primis ha rispolverato la difesa a 3, rinforzando il centrocampo e slegando Candreva da vessilli tattici. Poi ha piazzato tra i pali l'albanese Berisha che non sta facendo rimpiangere Marchetti. La cessione di Hernanes (per 20 milioni) è stata mal digerita dall'ambiente, così come le amare dichiarazioni di Reja: "Abbiamo cercato una decina di giocatori e nessuno ha accettato di venire". Per il momento però, sembra bastare chi c'è: su tutti Baldè Diao, l'uomo del momento. Scuola , l'attaccante spagnolo arriva in Italia nel 2011. Due anni di spola tra Primavera e prima squadra poi, a 19 anni, l'incoronazione. Nel futuro della Lazio potrebbe esserci proprio lui, insieme a Gael Kakuta, centrocampista francese acquistato in prestito dal Chelsea. Servirà pazienza invece per vedere ancora all'opera Helder Postiga: l'attaccante portoghese arrivato in prestito dal Valencia si è subito infortunato e la sua presenza per il derby è da escludere.

GLI EX - Se il viavai tra squadra della stessa à è prassi consolidata a Milano e saltuaria a Torino, a Roma è considerata eresia. Pochi coraggiosi nella storia dei due club hanno indossato le due maglie, lasciando dietro le loro esperienze non pochi strascichi polemici. Impossibile non citare Lionello Manfredonia, il cui arrivo alla Roma segnò lo spaccamento del Cucs nel 1987. Particolare anche la vicenda di Roberto Muzzi: cresciuto in giallorosso, passò alla Lazio nel 2003, salvo poi tornare in giallorosso da allenatore degli Esordienti prima e da collaboratore di Andreazzoli poi. Più facile cambiare casacca quando si parla di settore giovanile: nella Lazio è noto il caso di Stefan Radu, con un esperienza negli Allievi della Roma prima del passaggio alla Lazio (via Dinamo Bucarest) nel 2008. Ultimo, in ordine di tempo, è Vlad Marin: il terzino romeno classe '95, arrivato in prestito dalla , è cresciuto nelle giovanili della Lazio salvo poi essere "scippato" dal Manchester di Roberto Mancini.

Lorenzo Censi