Post Match - Roma squinternata

19/12/2023 13:34

LAROMA24.IT (MIRKO BUSSI) - L'allievo Thiago Motta dovrà farne di strada per superare il maestro Mourinho, domenica però ha mostrato di avere le idee chiare sul come intraprendere il percorso. Appoggiandosi a una differenza complessiva livellata dalle assenze di Dybala e Lukaku, l'allenatore del , che comunque non aveva con sé Orsolini, Karlsson e De Silvestri, ha piallato i restanti valori che si presumevano a sfavore con un piano partita che somigliava ad un referto clinico sui malanni collettivi della Roma. Innanzitutto, nel saper portare efficacemente le pressioni offensive. In particolare quando queste coinvolgono i terzini, o comunque zone di ampiezza o giù di lì nella costruzione avversaria, dove la Roma spesso e volentieri spedisce in missione i propri quinti nel tentativo di riconquistare il pallone.

Un progetto, quello di Thiago Motta, sintetizzato da un dato: due dei tre giocatori che chiuderanno la partita con più palloni toccati saranno infatti Posch (1°, con 85 tocchi) e Kristiansen (3°, 73 palloni gestiti), i terzini dello scacchiere del .

 

E in entrambi i gol, la struttura della Roma è stata rovesciata tirandola per i propri lati, sui quinti appunto. Nel caso dell'1-0, in seguito ad una palla persa si nota la bassa coralità nei momenti di pressing della Roma. Se infatti , con Spinazzola e Cristante, accorciano verso il rombo di costruzione che il ha messo in piedi sul lato destro, con Beukema in possesso, oltre a Posch, Freuler e Ferguson nei pressi, le intenzioni della parte superiore della Roma non contagiano gli arti inferiori, con l'effetto di allungare oltremodo le distanze giallorosse.

E mancando il principio cardine per ogni riconquista aggressiva, quello di pressare innanzitutto il pallone, la capacità del di affrontare le pressioni avversarie si è potuta esprimere al meglio con Beukema che percorre la strada suggerita dal movimento di Ferguson alle spalle di Cristante.

Per stracciare ulteriormente i cavi della struttura, Thiago Motta predisponeva sistematicamente un giocatore sull'ampiezza svuotata dall'uscita del quinto romanista, come fa in questa situazione Ndoye portandosi con sé Ndicka. Scaturita la frana, quel che ne consegue è una fragorosa reazione a catena con che non può tamponare l'avanzata di Ferguson, Ndicka che non riesce più a gestire la profondità su cui mira Ndoye, fino al ritardo accumulato che rende complicato l'intervento di Llorente o addirittura una rimonta di Pellegrini su Moro.

Il tema è rimarcato nel 2-0, con la costruzione del che da Ravaglia va direttamente sui piedi di Posch, chiamando a sé, ancora, l'uscita del quinto, che tra un tempo e l'altro è diventato . Immediato lo smarcamento alle spalle dell'arrivo del 92 romanista che non sarà neanche necessario ai rossoblu per avanzare, potendo sfruttare ancora la frattura nell'interpretazione della pressione dei giocatori della Roma.

Cambiano gli interpreti ma non il criterio e l'effetto finale: questa volta Ndoye si posiziona più centralmente e tiene, di conseguenza, Ndicka all'interno del campo, viste le consegne sull'uomo con cui spesso si regolano i difensori romanisti. Quell'ampiezza di parte, ancora più golosa, viene occupata da Ferguson stavolta che sarà raggiunto dopo giocata al terzo uomo tra Ndoye e Zirkzee. Nessun romanista, se non dotato di teletrasporto, può a questo punto assorbire Ferguson che ha il tempo di passare in pasticceria per scegliere come presentarsi alle porte dell'area di rigore. A mandare di traverso tutto sarà Kristensen ma il piatto era già stato avvelenato a sufficienza.