LA SFIDA NELLA SFIDA: Lamela vs Hernandez

20/10/2011 18:05

I due, pur essendo figli di ‘matrimoni’ diversi, annodano le proprie carriere intorno alla figura dell’attuale direttore sportivo giallorosso. Due storie a confronto: Hernandez è il regalo, non l’unico, che ha donato a Zamparini nella sua esperienza al Palermo; Lamela, invece, è lo specchio regalato alla sua nuova sposa, la Roma, affinchè vi si potesse ammirare.

DA PALERMO A ROMA – Ci sono idee che superano le distanze e le situazioni contingenti. Come quelle applicate al calcio di che ora prova a realizzare compiutamente ciò che sperimentò in Sicilia. Giovani, belli (calcisticamente, s’intende) e affamati: riassunta in 3 punti è l’utopia del pallone secondo il dirigente di Marsciano. In linea con la filosofia, nel febbraio del 2009 il Palermo rileva, per meno di 4 milioni, la metà (l’altra, come da moda sudamericana, è divisa tra parenti, amici, amici degli amici) dell’allora 18enne Hernandez, un cognome inflazionato in Uruguay che nasconde, tuttavia, un talento raro che si sfoga in quei 186 centimetri. Da Palermo a Roma, le soluzioni dell’equazione sono le medesime, vanno solo elevate al cubo, come impone il cambio di piazza. E allora, luglio 2011: la Roma si assicura Erik Lamela per 12 milioni che diventano 19 aggiungendo tasse e premi eventuali, un cognome sicuramente più ricercato rispetto al dirimpettaio, carriera da enfant prodige, per uno che da lattante disse ‘magari ne riparliamo’ al . Diversi, seppur derivanti dalla stessa matrice di pensiero. Erano loro a concretizzare le teorie calcistiche di .

GUIDATI DAL MANCINO - Più offensivo l’uruguaiano, più universale l’argentino. E ancora: più potente il rosanero, dalla tecnica più adamantina il giallorosso. Ciò nonostante, hanno in comune lo strumento: il piede mancino, maggiormente accessoriato quello in dote all’ex River Plate; un’arma da gol, invece, per l’attaccante proveniente dal Penarol. Discendenti dal top del calcio di Argentina e Uruguay, i due lo hanno raggiunto tramite percorsi opposti.

Il viaggio di Hernandez parte da Pando, la sua à natale nel Sud dell’Uruguay, dove indossa i colori dell’Atlanta. Sembra tutto fatto quando si accorgono di lui gli osservatori del Penarol e viene catapultato nelle giovanili della squadra più titolata del paese. Poi, a 11 anni, svanisce tutto e il giovane Abel, utilizzato col contagocce, ricomincia da capo a Montevideo, ingaggiato dal Central Espanol. Qui, divora le categorie giovanili approdando in prima squadra e nel 2006 ecco la grande opportunità: l’Europa lo cerca, lo vuole il . Non va come dovrebbe e ad allontanarlo dal Grifone c’è lo status di extracomunitario oltre alle sue condizioni fisiche. Poco dopo, infatti, gli verrà scoperta un’aritmia ventricolare che lo tiene in ansia per un mese prima di poter tornare in campo. Aveva cominciato il giro delle riscosse contro la fortuna. Prima tappa Penarol, dove era tornato nel 2008, neanche il tempo di disputare una stagione che gli si presenta il Palermo. Italia, seconda chance. Stavolta è il turno giusto: prima aiuta la Primavera a vincere lo scudetto di categoria, poi rappresenta l’erede del connazionale Cavani, passato al .

L’opposto, si diceva, di quanto accaduto a Lamela. Uno che quando palleggiava da bambino faceva cantare gli uccellini di Buenos Aires, dalla quale non ha bisogno di spostarsi per scalare i palcoscenici calcistici. E’ da subito nelle fila del River Plate, da dove prova a strapparlo niente meno che il . Nulla da fare, ‘el coco’ (perché un soprannome non si nega a nessuno in Sud America) rimane al ‘Monumental’. Fino alla retrocessione della scorsa stagione. Impossibile conciliare il punto più basso della storia del River con l’ascesa di un talento così cristallino. L’Europa chiama, Lamela risponde trasferendosi alla Roma nella scorsa estate. Quando alcune fantasiose voci di mercato potevano far intrecciare ulteriormente le strade dei due sudamericani. Qualcuno, infatti, sosteneva che Lamela potesse essere ‘testato’ al Palermo, prima del definitivo passaggio in giallorosso. Mentre, la ricerca di una seconda punta che sostituisse Vucinic, aveva portato il club di Trigoria ad informarsi sul conto di Hernandez.

‘La joya’, come fu ribattezzato Hernandez, emblema, tra gli altri, dell’utopia in siciliano di ; Lamela, la sua versione a 5 stelle nell’avventura romana. Il primo ha già fatto applaudire gli spettatori italiani, ennesima convalida delle doti di talent scout dell’ex dirigente di Lazio e Palermo, mentre il secondo potrebbe cominciare da domenica. Quando, scaramanzie permettendo, il diesse si siederà in tribuna per gustarsi la sfida tra i suoi due figliocci. Allora sì, accenderà un’altra di quelle famose sigarette.

Mirko Bussi