IN VIAGGIO - Sdengo ha
gli stessi occhi del 1968, quando decise di rimanere in Sicilia dallo zio Cestmir dopo l'invasione sovietica della sua Cecoslovacchia. Occhi come fessure,
per restare impassibile al mondo e sedurlo con un'idea di gioco nata da ragazzino, nelle strade di Praga. Da Cinisi a Pescara, passando per Istanbul, Messina, Belgrado e Brescia: dagli anni '70 lo zingaro della panchina ha cambiato 20 squadre e 20 città, tornando una seconda volta solo a Foggia, Lecce e Roma. Proprio con i rossoneri è nato il mito di Zemanlandia: dall'89 al '94 i pugliesi non solo tornano in Serie A dopo 13 anni ma sfiorano addiridittura l'ingresso in Coppa Uefa, attraverso un calcio offensivo e divertente. La prima volta del boemo da padrone di casa all'Olimpico, stagione 94/95, è con la divisa ufficiale della Lazio: sonore vittorie e brucianti sconfitte, spettacolo assicurato e un prestigioso secondo posto.
Ma chi vende sogni non può non andare incontro a esperienze fallimentari: con il Fenerbahce il bottino recita 9 punti in 3 mesi, con il Napoli 2 in 6 partite, con la Stella Rossa uno in 3 giornate. Risultati non invidiabili che lo conducono a inevitabili esoneri.
IL SALTO - Il romano
Stramaccioni, classe '76 come Totti, cresce professionalmente nello Zeta Sport, società di Monte Sacro. Nel 2002 passa alla Romulea, nel 2003 conquista il il campionato regionale e un anno dopo il titolo nazionale. Lavora anche come osservatore per la Lazio, quando arriva la chiamata di Bruno Conti: "Ringraziai tutti e firmai per i giallorossi. Scoppiò un macello...". A Roma vince uno scudetto con i Giovanissimi e uno con gli Allievi, diventando
un vero comandante per il suo gruppo di ragazzi terribili. Poi il meccanismo s'inceppa. La causa ha il nome e il cognome di
Alberto De Rossi. "Ma la cosa purtroppo è stata montata - dice Stramaccioni -
e ci hanno messo contro. Non ho mai avuto e non ho niente contro di lui. Alberto giustamente ha voluto rimanere ad allenare la Primavera. Ma io non potevo restare a vita agli Allievi". All'Inter ha giusto il tempo di vincere la Next Gen Series con la Primavera per poi essere catapultato sulla panchina dei grandi. E' il 26 marzo quando
subentra all'esonerato Ranieri: 5 vittorie (tra cui il derby), 2 pareggi e 2 sconfitte, ma soprattutto la riconferma di Moratti.
LA SFIDA - Nonostante l'esonero nel 1999, quando Franco Sensi gli preferì Fabio Capello, nella capitale il boemo ha lasciato un quarto, un quinto posto e un ricordo indelebile. Il
j'accuse allla creatina (
"Sono rimasto sorpreso dalle esplosioni muscolari di alcuni juventini") e le ruggini con la cupola del calcio italiano. Un modulo,
il 4-3-3, come marchio di fabbrica. Già, perchè proprio il 4-3-3? "E' il modo più razionale per coprire gli spazi. E' geometria". Gioco in verticale, sovrapposizioni, l'ingenuità atavica di una difesa spesso troppo alta e
un tappeto di sigarette spente. Più che un allenatore,
un'idea. Meno integralista Stramaccioni: il suo credo tattico si traduce in un 4-3-1-2,
"ma per sfruttare gli esterni il modulo più adatto è il 4-2-3-1". Ha evitato scottature nel delicato passaggio dalla Primavera alla prima squadra, dribblando soprannomi e paragoni ingombranti, ed è riuscito a qualificarsi per l'Europa League. Domenica,
fermata San Siro, passeranno due treni, uno che corre verso il tramonto e uno che è appena partito.