07/07/2022 15:54
LR24 (FERNANDO MAGLIARO) - Quello arrivato nella mattinata di giovedì 7 luglio è il primo sì ufficiale al nuovo progetto dello Stadio della Roma. A Pietralata. Ora è ufficiale. La nota congiunta As Roma/Campidoglio diffusa nella mattinata parla di “esito di riunioni congiunte” che sono partite a inizio anno e sono andate avanti per mesi. Ad aprile scorso la Roma ha consegnato al sindaco, Roberto Gualtieri, un primo dossier scritto in cui si parlava espressamente di Pietralata come area dove costruire un impianto da 55mila a 60mila posti, dietro la stazione Tiburtina, su terreni di proprietà pubblica.
“L’iniziale esame urbanistico svolto sull’area individuata da AS Roma non ha infatti messo in evidenza elementi ostativi alla presentazione del suddetto progetto che dovrà essere attentamente valutato da Roma Capitale secondo l’iter amministrativo disciplinato dalla cosiddetta legge stadi (art. 1, comma 304, L. 147/2013)” è la seconda parte della nota congiunta.
Da un punto di vista di mobilità, problemi sembrano non essercene: a parte realizzare una specie di corridoio protetto per le ambulanze in entrata e in uscita dall’adiacente Ospedale Sandro Pertini, la presenza della metropolitana - la B con Tiburtina e Quintiliani, la B1 con Bologna - e della ferrovia con stazione Tiburtina - sia per i regionali, inclusi quelli da e per Fiumicino aeroporto, sia per quelli ad alta velocità - è più che sufficiente a garantire il peso della mobilità pubblica. Per quella privata, su quel quadrante insistono la Tangenziale Est, la parte urbana dell’autostrada Roma-L’Aquila, la Tiburtina (che è stata allargata almeno nella prima parte), via dei Monti Tiburtini e via di Pietralata.
Come carico urbanistico, il progetto ipotizzato dalla Roma prevede, di fatto, solamente lo Stadio con qualche negozio in aggiunta. Quindi, un peso decisamente leggero.
L’unico vero nodo, tutt’altro che effettivamente risolto, è legato alla proprietà dell’area. L’intero settore è stato oggetto di espropri per realizzare gli edifici dello SDO - Sistema Direzionale orientale, la città dei ministeri - a partire dall’inizio degli anni ’60 del secolo scorso. Gli espropri sono sono sostanzialmente conclusi a fine anni ’80. Il problema è che un terreno viene espropriato per una finalità specifica che non può essere variata dopo a pena di rischiare che il precedente proprietario possa riavere indietro le aree, la cosiddetta retrocessione. Il nodo che ha portato via tutte queste settimane di approfondimento è tutto qui: c’è il rischio che qualcuno possa intentare causa e ottenere indietro le aree espropriate perché dopo tutti questi anni non si fa più un Ministero ma uno stadio?
L’analisi degli uffici capitolini avrebbe identificato una serie di vie d’uscita che, anche di fronte a una causa, dovrebbero mettere al riparo il progetto. Gli edifici da realizzare con esproprio vanno costruiti entro 10 anni. Dopo quella scadenza, se l’edificio non è stato realizzato, il proprietario può chiedere indietro l’area. Questa scadenza di dieci anni sarebbe ormai vecchia di più di venti anni, quindi oramai i terreni sarebbero diventati a tutti gli effetti di proprietà comunale con il Campidoglio che, quindi, può disporne con una nuova valutazione sul pubblico interesse. Rimane comunque un nodo che sarà approfondito quando la Roma consegnerà il progetto preliminare che darà l’avvio all’iter.
Iter che si baserà - come recita la nota congiunta - sulla vecchia legge Stadi, la 147/2013, che, però, nel frattempo è stata abrogata da nuove norme. Ma, a complicare il quadro, le nuove norme, formalmente già in vigore, dispiegheranno i loro effetti a partire dal 1 gennaio 2024. Quindi, in realtà, la Roma, quando sarà, presenterà il progetto ai sensi sia della vecchia che della nuova normativa. Una volta depositato il progetto preliminare - che, a causa di una serie di nuove disposizioni, dovrà avere un livello di approfondimento pari a quello di un definitivo - partirà la conferenza di servizi che verificherà nel dettaglio tutti i vari passaggi progettuali. Dopo di che, trattandosi di area pubblica, il Comune dovrà mettere a bando le opere: di fronte a eventuali offerte più vantaggiose la Roma avrà comunque sempre il diritto di pareggiare l’offerta presentata.