ROMA-ATALANTA AI NUMERI: 24, Panagiotis

07/10/2012 21:31

Sfruttando il punitivo, Tachtsidis si ritrova titolare per la quinta volta consecutiva, seppur senza meriti apparenti, e ancora al posto di guida della Roma, nel cuore del centrocampo: schermo ai difensori e progettista della manovra, nelle intenzioni. Che resteranno impantanate in quella lentezza ciclopica che Zeman aveva promesso di togliere così da farne un fenomeno, come rivelato da . Difetto che lo penalizza, oltre ogni più tenebrosa previsione, in entrambe le fasi: il greco infatti chiuderà la partita col 24% di passaggi sbagliati su 70 tocchi, la percentuale più alta della Roma dietro (25%). Ma per chi ha già spostato il mirino sul numero 10, vale la pena ricordare che i 97 palloni toccati dal capitano giallorosso ricercano, nella maggior parte dei casi, lo scacco matto nella difesa avversaria, così da giustificare la percentuale più alta d’errore, visto l’elevato coefficiente di difficoltà. Meno giustificabili, invece, quelli dell’ex Verona che ne smascherano una carenza di precisione: un limite non indifferente per ottenere una postazione che, se non ai livelli della leggenda di Liedholm, il quale pare costrinse i suoi tifosi ad esultare per un passaggio sbagliato dopo due anni che lo riportava entro confini terrestri, necessita di una precisione e facilità di trasmissione sopra le righe. E risultano effimeri anche i suoi 191 centimetri che sostengono una stazza da mettere in soggezione. Solo a prima vista, però. Perché spesso e (mal)volentieri, il centrocampista viene trovato fuori posizione e incapace di opporsi alle infilate centrali degli avversari. E’ successo nel caso del passaggio filtrante di Schelotto che dopo 10’ ha messo Denis in condizioni di battere Stekelenburg. Prima dell’errato fuorigioco della linea difensiva romanista, è evidente l’assenza del perno della mediana che almeno infastidisca la giocata del nerazzurro.

Con il lavoro Tachtsidis si velocizzerà, sostiene Zeman. Ma è possibile cambiare una delle “capacità condizionali”, come appunto la velocità? Anche qui, questione di punti di vista. Sull’argomento, infatti, si espresse anche Luis Enrique dopo la sconfitta con il Milan per 2-1: «Uno che non è rapido, non lo sarà mai. – argomentava l’asturiano - La velocità è genetica: non farai mai di un calciatore lento un calciatore veloce». Con tanti auguri al successore.

Mirko Bussi